Lucia Lorenzi Esiste una certa confusione su cosa si intenda con il termine psicosomatica. La parola ci conduce al rapporto tra psiche e soma e al reciproco influenzamento tra questi mondi che pur coesistendo nell’individuo, parlano linguaggi differenti e spesso antitetici. La visione psicosomatica è una possibilità unificante, un approccio che permette di guardare al rapporto tra psiche e soma, o in altre parole tra corpo e mente o ancora tra spirito e materia come a un tutto inscindibile. Potremo dire per brevità che con il termine psicosomatica intendiamo un metodo d'indagine per giungere alla diagnosi e alla terapia di un disturbo fisico o psicologico che pur partendo da diversi registri epistemologici di natura medica, psicologica o spirituale, guarda all’essere umano nella sua inscindibile complessità. L’approccio psicosomatico in quanto visione unificante dell’aspetto mente corpo può divenire strumento per un approccio medico o psicologico a seconda delle situazioni o avvalersi di entrambi, sempre ché l’agire su l’uno o l’altro degli aspetti tenga conto di questa reciproca interazione. Quindi tutte le malattie sono psicosomatiche?Affermare che tutte le malattie sono psicosomatiche significa che il nostro organismo viene considerato in ogni suo momento un’unità. In questa chiave, la malattia è l’espressione della reciproca interazione tra dimensione psichica e manifestazione fisica che comunica un disagio, un rifiuto, un conflitto, un’impossibilità di trovare soluzioni che si traduce in una sofferenza che non è solo del corpo ma di tutta la persona. La malattia diviene così una forma di espressione che va decifrata, una sorta di messaggio cifrato che si esprime nel sintomo. La psicosomatica non si presenta quindi come una nuova specialità da affiancare alle numerose già esistenti, ma come un approccio che consideri l’essere umano in una dimensione unitaria dove corpo e psiche comunicano tra loro in una perfetta unità. Il misterioso salto tra la mente e il corpo diviene allora la vera questione da affrontare per poter decodificare i diversi linguaggi attraverso i quali si esprimono. I maggiori contributi all’impostazione psicosomatica provengono dal campo medico, da quello psicanalitico, nonché dalle conoscenze della medicina tradizionale di diverse culture. Se affrontiamo il discorso psicosomatico in termini di rapporto tra emozione e lesione, sia che spieghiamo l’origine della prima dalla seconda o viceversa, abbiamo già posto una distanza tra il piano corporeo e quello psichico, riproducendo l’insanabile dualità tra corpo e psiche. Noi procederemo dal presupposto che possiamo leggere tutte le malattie in una visione psicosomatica nel senso che esprimono una contemporaneità di manifestazioni fisiche e psichiche. Da dove partiamo per comprendere meglio il cambiamento nella chiave psicosomatica?Questo sarà il nostro punto di partenza e in questa chiave il sintomo diviene messaggio di uno squilibrio che ha minato l’unità della persona. L’approfondimento della dimensione psicosomatica ci apre la possibilità di riconoscere, cogliere, collegare, elementi tra loro separati, segni ed espressioni di una realtà fisica e psichica che rappresenta nel suo insieme l’unità psicofisica della persona. La ricerca attraverso una metodologia ad approccio psicosomatico permette di cogliere dei dati e di utilizzarli per la comprensione unitaria di un fenomeno attraverso una modalità di pensiero che definiamo analogica. Questo è il passaggio più difficile sul piano del pensiero in quanto tutti noi siamo profondamente condizionati dalla nostra cultura scientifica a ragionare in termini di causa ed effetto dentro uno spazio tempo ben definiti. Ciò rappresenta la base del pensiero logico che ci permette di spiegare la realtà dimostrando che una cosa accade “ a causa di” e di procedere secondo una modalità di tipo lineare da A a B indagando le cause secondo il metodo analitico alla ricerca della causa prima. Partendo cioè da alcune premesse si procede per analisi successive di parti specifiche lungo una catena di tipo lineare che dal particolare giunge all’universale. Attraverso questa modalità che definiamo lineare e analitica procediamo a definire tutti i fenomeni che ci circondano. Viceversa la modalità propria del pensiero analogico che caratterizza gran parte delle culture tradizionali tra cui la medicina tradizionale cinese , procede lungo una dimensione circolare all’interno della quale coesistono gli opposti di ogni fenomeno. E’ la sintesi contrapposta all’analisi. Dalla sintesi, cioè dall’universale si giunge al particolare. Il pensiero analogico infinisce il mondo, laddove il pensiero logico lo definisce. Nella visione psicosomatica possiamo partire da una regola aurea che possiamo riassumere così: Il sintomo è la miglior soluzione che l’unità psicosomatica mette in atto quando fallisce il processo di mentalizzazione A questo proposito dobbiamo chiarire un equivoco sul piano del linguaggio che tende a far coincidere il processo di razionalizzazione con quello di mentalizzazione. In realtà razionalizzare significa utilizzare la ragione come pensiero logico per spiegare la realtà, mentre mentallizzare significa portare a coscienza ciò che percepiamo del nostro vissuto o di quello dell’altro. Sappiamo per esempio che in una relazione affettiva o professionale ci risulta più semplice comprendere ciò che induce noi stessi o l’altro a esprimersi in un certo modo quando percepiamo un’affinità nel sentire e questo permette di tener conto di vari aspetti che possono interagire nella comunicazione permettendoci una maggior flessibilità nella gestione del conflitto. Tuttavia il tema dell’affinità o dell’estraneità non riguarda solo il rapporto con gli altri ma anche il rapporto con noi stessi. Affinità o estraneitàPensiamo al fatto che come figli siamo la risultante di due grandi correnti transgenerazionali: il padre e la madre e la loro dinastia. Spesso padre e madre esprimono tendenze e aspetti caratteriali molto diversi. Tali aspetti possono essere integrati laddove vi è un buon rapporto tra i coniugi ma possono essere anche fonte di conflitti, di sofferenze e di separazioni. Ciò che in loro è separato in noi può essere fuso e può risultare difficile trovare la nostra identità a partire da elementi diversi e conflittuali che vogliono esprimersi. Per fare un semplice esempio, una figlia può sentirsi più vicina al padre per affinità caratteriali e identificarsi maggiormente in quel modo di agire sacrificando un sentire interiore più simile a quello della madre che ha negato perché giudicato più debole o perdente. Nel tempo magari in seguito a una delusione sentimentale entrerà in un grande vuoto dove dovrà riconoscere e rafforzare le parti della personalità che non erano state riconosciute. Un’altra situazione che si presenta spesso nella pratica clinica riguarda tendenze dissociative che si manifestano durante l’infanzia. Alcuni aspetti della personalità che inizialmente erano uniti, si separano per far fronte alle richieste del mondo. L’esempio più semplice può essere quello del bambino dolce e sensibile con un carattere volitivo che viene considerato cattivo nel momento in cui esprime la sua tendenza a imporsi. Le parti generose, altruiste e comprensive vengono premiate mentre il bisogno di affermazione e di protagonismo viene penalizzato. Le tendenze negate o disprezzate o punite verranno quindi poste in subordine e tenderanno ad esprimersi in clandestinità poiché ritenute una minaccia alla possibilità di essere amati e ammirati. Questo porterà a sottovalutare i propri profondi bisogni emotivi che non troveranno una possibilità di espressione soddisfacente e a far emergere solo gli aspetti della personalità accettabili escludendo ciò che porta con sé la minaccia abbandonica. Gli aspetti scissiUn’altra situazione riguarda invece gli aspetti scissi che sono riferibili a fasi più precoci nello sviluppo del bambino corrispondenti al periodo simbiotico nella relazione madre bambino che possono manifestarsi nella fase adulta attraverso i disturbi ipocondriaci. Gli stati emotivi non riconosciuti rimangono collegati profondamente agli organi come quando il bambino piccolo per esprimere il disagio dirà che “ha la bua”, cioè che ha male nel corpo. Un altro capitolo a parte riguarda i sintomi di conversione, studiati soprattutto in relazione all’isteria. Mentalizzare diviene quindi la possibilità di portare a coscienza ciò che si manifesta nel sentire . Dobbiamo imparare a comprendere cosa stiamo lasciando indietro, quali sono gli aspetti che il nostro inconscio vuole comunicare. Qui si inserisce un grande tema inaugurato da C, G, Jung riguardante le forze archetipiche intessute nella nostra personalità. Il termine archetipo, esprime l’idea di forze formatrici che stanno alla base della nostra personalità. Tali forze se non vengono riconosciute e integrate nella personalità inflazionano l’Io, in altre parole gli aspetti archetipali repressi si manifestano come forze potenti che portano a conflitti e disagi sul piano psicologico e fisico. L’archetipo di per sé è inconoscibile e si manifesta attraverso immagini simboliche che lo rappresentano. Il linguaggio dei sintomi come quello del sogno si esprime per simboli e per analogie. L’alfabeto per leggerlo non segue la logica causale ma quella analogica. Eventi dello stesso senso, corrispondenze analogiche con qualità energetiche affini. Allora come possiamo immaginare il processo di cambiamento in una visione psicosomatica?Il cambiamento è un percorso di progressiva consapevolezza, che segue alcune tappe fondamentali.
Accorgersi, riconoscere, accogliere nel senso di famigliarizzare con le parti escluse, integrare, per poter creare quello spazio di libertà che permette di uscire dal conflitto, in altre parole di scegliere. C’è una bella immagine che ben rappresenta questa possibilità di scelta. Il guidatore della biga che tiene le redini di 2 cavalli e di volta in volta imprime la direzione che vuole seguire. Il guidatore della biga rappresenta il nostro Io, mentre i cavalli sono i nostri impulsi. Se decidiamo di andare a destra o a sinistra imprimeremo maggior tensione a una briglia e lasceremo più spazio alla briglia che permette all’altro cavallo di assecondare il movimento. Nella mia esperienza clinica utilizzo vari modelli di riferimento che permettono di entrare in relazione con il linguaggio simbolico. Il sogno, il mito, le tradizioni popolari, la visione propria della medicina tradizionale cinese con particolare riferimento all’utilizzo delle corrispondenze analogiche tra microcosmo e macrocosmo e molto altro. |
Lucia LorenziPsicologa clinica, psicoterapeuta a orientamento psicosomatico e conduttrice di laboratori di crescita personale (Laboratorio biografico e Laboratorio sull'arte della decodifica del sogno). |