a cura di Luca Burigana IntroduzioneLa psicologia è un concetto complesso il cui studio richiede una ampia visione delle cose. La psicologia comprende aspetti scientifici, umanistici, artistici e spirituali e a seconda della prospettiva da cui si osserva si possono cogliere diversi aspetti alcune volte apparentemente in conflitto tra loro. Restringendo il campo al senso moderno del termine, si possono osservare diverse visioni dell'umano che portano quindi a diversi approcci clinici. In questo articolo si vuole approfondire l'approccio clinico cognitivo. Il cognitivismo clinico parte da un presupposto: ognuno di noi interpreta la realtà secondo dei propri schemi e a seconda dell'interpretazione che diamo abbiamo certi vissuti emotivi che ci spingono a certi comportamenti. Le EmozioniLe emozioni sono il motore della vita umana; più riusciamo a gestirle, guidarle, accettarle per ciò che sono più queste diventano una risorsa di energia per affrontare la nostra quotidianità. Perché ciò avvenga è necessario avere un'idea di realtà aderente a ciò che ci circonda; accettare profondamente ciò che di piacevole e di spiacevole avviene dentro e fuori di noi e anche avere consapevolezza di quelli che sono i filtri che usiamo nel definire noi stessi, gli altri e il mondo. Una persona si rivolge ad uno psicologo sempre per problemi emotivi. In genere è presente un'emozione persistente e costante che non si riesce a scacciare e sul lungo periodo assorbe tutte le energie. Nel modello cognitivista questo accade quando c'è un irrigidimento, una resistenza al cambiamento, una minor flessibilità cognitiva che impedisce un adattamento alla realtà che ci circonda. Più i filtri che usiamo per osservare il mondo sono pervasivi, più il problema emotivo che ne consegue sarà importante. L'Importanza delle EmozioniPuò essere utile un semplice esempio per capire il punto. Immaginiamo una persona cresciuta in un ambiente molto competitivo con genitori in costante richiesta di alte prestazioni in cambio delle loro attenzioni. Immaginiamo che questa persona in genere anche riesca a nel corso della sua crescita a primeggiare nel corso dei suoi studi rinforzando sempre di più il suo filtro, la sua credenza su di sé: “sono il migliore e devo essere il migliore per ottenere affetto”. Immaginiamo ora un'altra persona cresciuta in un ambiente più accettante e supportivo con genitori che con le proprie azioni mandano costantemente il messaggio “vai bene come sei, abbiamo fiducia in te e qualunque strada intraprenderai nella vita avrai il nostro sostegno”. Supponiamo ora che i nostri due personaggi ipotetici, come tutti nella vita, devono affrontare un fallimento (per esempio nella sfera lavorativa). Si comprende come il primo personaggio, dovendo assolutamente essere il migliore, mette in discussione un aspetto globale nella sfera del suo sé. Si rompe un'idea che si era fatta del mondo e di se stesso assoluta e disfunzionale in quanto non aderente alla realtà, rigida e globalizzante. Molto probabilmente questo soggetto comincerà a sviluppare problematiche emotive forti, devastanti e pervasive nella sfera dell'ansia e della tristezza che tenterà di allontanare perché non accettabili per un vincente rendendo la problematica ancora più importante fino ad arrivare all'esordio di un disturbo d'ansia o depressivo. Il mondo non si è adattato alla sua concezione e non prende neanche in considerazione l'idea di ammorbidire il suo filtro perché implicherebbe mettere in discussione tutta la sua condotta di vita. Ma se vuole uscire dal suo disturbo non c'è altra soluzione che lavorare sulle proprie credenze trasformando un fallimento in occasione di crescita. Il secondo personaggio invece, dopo il fallimento, parte già da un clima di fiducia su se stesso. Con una concezione come la sua riuscirà più facilmente a contestualizzare il fallimento senza cadere in generalizzazioni su di sé o sul mondo. È naturale che anche lui proverà ansia e tristezza ma resteranno contestualizzate all'evento senza mettere in discussione il valore di se stesso come essere umano; pertanto saranno stati emotivi intensi ma di carattere più transitorio. Inoltre potranno fungere da sprone per fare qualcosa di diverso e non verrà attribuito un significato così invalidante come nel primo caso. Una volta compresa l'importanza delle credenze per le nostre emozioni e quindi per il nostro benessere in generale, si è compreso il cuore del cognitivismo clinico. Tutti gli interventi cognitivi si basano su questo presupposto. Sull'intervento ci sono diverse filosofie. Il cognitivismo “standard” o, in termini tecnici, di seconda onda, punta sul prendere consapevolezza dei propri filtri e sul loro modo di funzionare per cambiarli. Ci sono diversi approcci di terza onda che puntano più ad altri aspetti come l'accettazione delle emozioni o l'allenamento a distanziarci dai pensieri per gestirli come “osservatori esterni”. ConclusioniIndifferentemente dalla terapia specifica lo scopo è uno: la libertà. La libertà di esprimerci e gestire i vari aspetti della vita sulla base di ciò che vogliamo, di quelli che sono i nostri obiettivi e i nostri valori. Vedere dall'alto le nostre trappole mentali; agire nel mondo e non solo reagire sulla base dei nostri schemi appresi; sopratutto scegliere come affrontare le difficoltà e i dolori della vita; essere sovrano delle proprie azioni ed emozioni e non schiavo delle situazioni.
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Luca BuriganaPsicologo psicoterapeuta a indirizzo cognitivo e cognitivo-comportamentale, specializzato nel trattamento di disturbi d'ansia, depressivi e ossessivo-compulsivi. |